L’itinerario giornaliero Gita in Agro Falisco, si svolge nell’Alto Lazio, nella Tuscia Viterbese, per 60 Km circa ed include la visita a:
Nepi, la Rocca dei Borgia, Cinta muraria Farnese, Museo Civico Archeologico
Castel S. Elia, tra culto e paesaggio
Via Amerina, Ponte Romano e Necropoli Etrusca dei Tre Ponti
Civita Castellana, Forte Sangallo e… ricordando Corot
A fondo pagina trovi il dettaglio dei percorsi e la mappa dell’intero itinerario
Consigli prima di mettersi in movimento
Se volete fermarvi per un pic-nic lungo il percorso, l’Ostello preparerà per voi deliziosi cestini con prodotti locali.
Arrivati alle porte di accesso ai borghi, dovrete proseguire a piedi, in quanto i centri storici sono pedonalizzati.
Osservate il paesaggio che vi verrà incontro: dolci colli verdeggianti, punteggiati di bovini e ovini al pascolo, oliveti a profusione, campi a perdita d’occhio intervallati da macchie di fiori e piante selvatiche, boschi fitti e sempre, sullo sfondo, i monti Sabini e il Soratte come lontano punto di riferimento. Il tragitto tra un borgo e l’altro merita una sosta per meglio immergersi in questa ricchezza di suoni e colori!
I Falisci, abitanti di queste terre, erano un popolo italico, confinante con gli Etruschi, con cui avevano affinità culturali, pur avendo matrici linguistiche differenti: latina per i Falisci, greca per gli Etruschi. Riconosciuti fin dall’antichità non solo grandi artigiani ma veri e propri artisti della ceramica, ebbero nel IV secolo a.C. il periodo di massimo splendore in campo economico, culturale e politico, tanto che una delle loro città, Falerii Veteres, oggi Civita Castellana, assurse a capitale dell’intera regione da loro abitata.
Il territorio Falisco è unico nel suo genere, caratterizzato dai promontari tufacei, in cui si edificavano i borghi ancor oggi abitati. che visiteremo, e dalle forre sottostanti (profonde gole a pareti verticali ravvicinate, tra cui scorre un corso d’acqua), ricche di acqua corrente che zampilla impetuosa, formando sorprendenti cascate.
Il paesaggio tutto regala scorci incantevoli, dove la natura e l’arte sono indiscusse protagoniste.
Nepi (Viterbo, Lazio)
La nostra prima tappa é Nepi, a meno di 30 Km da Magliano Sabina. E’uno dei borghi maggiori dell’Agro Falisco con 9.500 abitanti e un’estensione di 84 km².
Sorge a 227 metri s.l.m. su un promontorio tufaceo protetto naturalmente dalle forre che la circondano, scavate nei secoli dal Rio Puzzolo e dal Rio Falisco, affluenti del fiume Treja.
Tra storia e arte
Conosciuta fin dall’antichità con il nome Nepet, “la città dell’acqua” dall’etrusco nepa, acqua. Pittoresche e numerose cascate irrompono all’improvviso nel paesaggio delle forre. Tra queste ricordiamo la Cascata dei Cavaterra, del Picchio, dei Cavoni e quella dei Sette Frati, celebre sorgente delle acque minerali di Nepi.
Reperti archeologici indicano l’inizio di insediamento del promontorio tufaceo a partire dal secolo VIII a.C. La sua storia moderna ha radici nel Medioevo e nel Rinascimento, durante i quali subisce vari domìni a fortune alterne. Quest’ultimo periodo vede la cittadina governata dai Borgia e poi diviene Ducato dei Farnese.
Ai Farnese si deve la bella cinta muraria che la caratterizza e ai Borgia la costruzione della Fortezza, di cui raccontiamo di seguito.
La Rocca dei Borgia
La visita inizia dalle fondamenta fino ad arrivare sulla cima dell’altissima torre, da cui si gode un panorama magnifico che si estende a 360 gradi sull’Agro Falisco.
Il percorso di visita termina nel cortile maggiore, in cui si osserva distintamente la struttura della rocca.
Il nucleo originale si poggia su una fortificazione di epoca romana, con porta di accesso alla città romana e resti dell’antica Via Amerina che la attraversava.
Dal 1455 si inaugura un periodo di prosperità per Nepi: Alfonso Borgia, eletto papa, intraprende lavori di urbanizzazione e restauro della città, con l’ampliamento della rocca, compresa la costruzione della Torre rotonda.
Ma è nel 1479, con il governatore cardinal Rodrigo Borgia, che inizia una grande ristrutturazione della fortezza, affidata al celebre architetto Antonio da Sangallo il Vecchio, che ne modifica l’impianto architettonico. Il Sangallo rende la rocca più fortificata e costruisce una cinta muraria intorno al castello, quattro torri agli angoli di diverse dimensioni e una loggia che unisce le due torri principali. Inoltre fa della rocca un vero palazzo residenziale, che si sviluppa su tre piani.
Nel 1492 Rodrigo diviene papa, con il nome di Alessandro VI e designa infine sua figlia Lucrezia Borgia a governare sulla cittadina, dove si trattiene per circa una anno, dandole un periodo di prosperità.
La rocca subisce qualche ulteriore intervento, ma resta su tre piani, così organizzati:
- piano terra adibito alla rappresentanza, con una grande sala ancora visibile, oltre a cucine, servizi, bagno
- primo piano riservato ai castellani
- secondo piano riservato agli ospiti.
Visitare la Rocca: orari e contatti
Il Ducato dei Farnese
Nel 1534 Pier Luigi Farnese, figlio di papa Paolo III, viene investito da suo padre del titolo di Duca di Nepi. Ancora una volta la storia cambia l’urbanistica della cittadina e i Farnese chiamano Antonio da Sangallo il Giovane, nipote del precedente architetto, che crea nuove vie e piazze, nuovi edifici e migliora ulteriormente l’interno della Rocca. Costruisce il Palazzo Comunale e la Cripta di S. Tolomeo.
ph©MuseoCivicoNepi.it
Come scrive il Museo Civico di Nepi a proposito delle opere realizzate dal giovane architetto:
“L’opera di Antonio da Sangallo il Giovane che deve essere ricordata come maggiormente significativa è la progettazione dell’imponente cinta cittadina, costituita da una lunga cortina, diretta a chiudere il lato occidentale del promontorio su cui sorge Nepi, fiancheggiata alle estremità da due bastioni poligonali.
Con la sua costruzione, il Forte dei Borgia divenne, quindi, il nucleo interno di un complesso più ampio che si estendeva lungo tutto il perimetro occidentale della città.
(…) Le mura vennero dotate di un profondo fossato difensivo che fu colmato dalle acque del Rio Puzzolo e del Rio Falisco, abilmente sfruttate, tramite una condotta, per azionare il mulino situato accanto al ponte di Via della Mola.“.
Museo Civico Archeologico di Nepi, le sale espositive
Il Museo è una tappa importante della gita in Agro Falisco! Attraverso i reperti archeologici esposti, il Museo ricostruisce l’evoluzione storica della città e del suo territorio, dall’età protostorica sino al Rinascimento.
Il percorso è strutturato in tre differenti periodi e relative sezioni:
1. Protostorica e Preromana
2. Romana
3. Medievale e Rinascimentale
Nella prima sezione troviamo reperti provenienti dalle necropoli falische (VII – IV secolo a.C.) che circondano l’abitato. Nepi era al confine S.E. del territorio dei Falisci, lungo le vie che la mettevano in comunicazione con Veio, Cerveteri e Tarquinia. I reperti sono di una società ben organizzata, a cui appartiene un ricco ceto aristocratico
L’epoca romana conferisce una notevole ricchezza alla città, grazie alla Via Amerina che, passando all’interno di Nepi, collega Roma con l’Umbria. Numerose epigrafi sono esposte nel Museo e visibili nella cittadina, ma sicuramente l’opera di maggior prestigio è la testa marmorea di Ottaviano Augusto.
Della terza ed ultima sezione, quella Rinascimentale, ricordiamo tra gli altri lo stemma di Lucrezia , già vedova di Alfonso d’Aragona, che unisce le insegne dei Borgia e quelle degli Aragona di Napoli.
Info visite e orari:
Museo Civico Nepi
Via Falisca, 26, 01036 Nepi VT
+39 0761 570604
Castel Sant’Elia (Viterbo, Lazio)
E’ un comune italiano di 2.412 abitanti della provincia di Viterbo.
Ha una superficie di 24 Km², altezza s.l.m. m. 210, altitudine minima 70m., altitudine massima 249m.
Tra storia e arte
Costruito su un promontorio tufaceo, Castel S. Elia deve il suo nome all’antichissimo Monastero omonimo. Governata dapprima dagli Orsini e poi dai Farnese, che avevano il Ducato nella vicina Nepi, si accede al cuore dell’antico Borgo attraverso la Porta che conserva la Torre e lo stemma dei Farnese. Dalla piazza si gode di un fantastico affaccio sulla valle sottostante e tutto il Borgo offre percorsi da cui si può ammirare una natura selvaggia, “antica” e incontaminata.
Santuario Santissima Maria ad Rupes
Il borgo di Sant’Elia dal 520 in poi – anno in cui alcuni monaci eremiti si insediano nelle cavità presenti nelle pareti di tufo – diviene luogo di culto e meta di pellegrinaggio: in una grotta i monaci venerano l’affresco che rappresenta la Madonna con il bambino, detto Madonna ad Rupes, dove poi sorgerà il Santuario della Santissima Maria ad Rupes. Di lì a poco, siamo nel 529, frate Benedetto da Norcia fonda l’ordine monastico dei Benedettini e alcuni tra questi rimangono a Sant’Elia.
Nel 1258 i monaci abbandonano il Santuario, ma tra i fedeli cristiani rimane vivo il culto religioso. Sul finire del Settecento, dopo cinque secoli di abbandono, il Frate francescano Giuseppe Andrea Rodio (1745-1819), concepisce l’idea di scavare nel tufo un cunicolo che faciliti l’ingresso ai pellegrini. Crea dunque da solo, con l’ausilio di un piccone e 14 anni di estenuante lavoro, una scalinata di 144 gradini, tuttora percorribile, e sostituisce l’affresco, deteriorato dal tempo e dall’umidità, con la tela attuale.
Basilica di San Giuseppe
Parte integrante del Santuario è la vicina Basilica di San Giuseppe, realizzata tra il 1908 e il 1910 in stile gotico, a navata unica, per accogliere il numero crescente di pellegrini.
Il campanile, eretto del 1912, possiede tre campane, accordate alle note “si, la, sol”, proprio come quelle della Basilica di San Pietro a Roma. Nell’abside vediamo il Trittico, che racchiude una copia del Crocifisso di San Damiano ad Assisi, con ai lati due tavole raffiguranti San Francesco e Sant’Antonio.
Basilica di Sant’Elia
Anche questa basilica è parte integrante del complesso del Santuario pontificio di Santa Maria ad rupes. Sorge al centro della valle Suppentonia, che i cristiani considerano mistica. La basilica si trova in un luogo di rara bellezza naturalistica, di armonia e di pace, che domina l’intera valle.
Fondata tra i secoli VIII e IX sui resti di un antico monastero, la chiesa viene ricostruita in stile romanico all’inizio dell’XI secolo e subisce in seguito diverse ristrutturazioni.
La facciata ha tre portoni, posti simmetricamente, con eleganti decorazioni nelle lunette.
L’interno ha impianto a tre navate e un transetto e, come scrive Silvio Sorcini nel sito “I luoghi del silenzio“: “…il tutto contenuto in un rettangolo sghembo. Le colonne che delimitano la navata centrale provengono quasi certamente dallo spoglio di ville e monumenti romani.
ll transetto e parte della navata centrale presentano un pavimento cosmatesco verosimilmente ascrivibile alla fine del XII e più probabilmente ai primi decenni del XIII secolo, fra i più interessanti e meglio conservati di tutte le chiese romaniche laziali: nella zona centrale predomina il disegno di tondi intrecciati di porfido.”.
Anche gli affreschi di cui è ornata la basilica sono interessanti e ottimamente conservati.
Nella parte superiore dell’abside vediamo il Cristo Redentore con Pietro e Paolo. Più in basso gli apostoli, simboleggiati da dodici agnelli. Il lato sinistro del transetto è spoglio, per la caduta di un masso che nel 1607 lo distrusse e che venne ristrutturato dai Farnese. Il lato destro è ricoperto di affreschi con visioni dell’apocalisse.
Via Amerina, Ponte Romano e Necropoli Etrusca dei Tre Ponti (Viterbo, Lazio)
Realizzata a cominciare dal III sec. a.C. per collegare Roma all’Umbria, la Via Amerina, in epoca romana chiamata Annia, era tracciata da Via Cassia, all’altezza del comune di Campagnano (Lazio, Roma) per percorrere la zona a destra del Tevere, parallelamente alla Via Flaminia, verso le attuali Nepi, Civita Castellana, Corchiano, Gallese, Vasanello, Orte. Questo tratto, tutto basolato, conserva ancora oggi preziose testimonianze archeologiche.
Successivamente il tracciato, non più basolato, prosegue verso l’Umbria, toccando Amelia, Todi, Perugia, Gubbio, Luceoli.
La strada è fiancheggiata da varie sepolture rupestri, realizzate tra il I e il II secolo a.C.
Le più antiche sono le tombe a portico, come la nota Tomba della Regina, nell’area denominata “Cavo degli Zucchi”. Oltre il portico si trova la camera funeraria vera e propria, di origine etrusca.
Il tratto che attraversa l’Agro Falisco é il più integro e costituisce una meta turistica di grande fascino dove natura e archeologia sono tra loro armoniosamente integrate creando un clima suggestivo ed emozionante che merita certamente una visita.
Civita Castellana (Viterbo, Lazio)
Civita Castellana, ultima tappa della nostra gita in Agro Falisco, è un comune italiano di 15.161 abitanti, si trova a 145m s.l.m. È sorta sulle rovine di Falerii Veteres, antica capitale dei Falisci ed è il borgo più grande dell’Agro Falisco, ricco di storia, vicende politiche politica ed arte del passato.
Collocata su altissimi speroni di tufo, Civita Castellana offre panorami di una bellezza unica, come la vista da Ponte Clementino, tra il centro storico e i nuovi quartieri, che già nel 1844 Il pittore Edward Lear volle dipingere. Ma non fu l’unico a notare questo splendida visuale!
Dal ponte si ammira il panorama che si estende, per chilometri fino al Monte Soratte, così descritto da Goethe, il celebre autore tedesco che soggiornò nel borgo durante il suo grand tour verso Roma:
“Bellissima la vista (…): il monte Soratte, una massa calcarea che probabilmente fa parte della catena appenninica, si erge solitario e pittoresco. Le zone vulcaniche sono molto più basse degli Appennini e solo i corsi d’acqua, scorrendo impetuosi, le hanno incise creando rilievi e dirupi in forme stupendamente plastiche, roccioni a precipizio e un paesaggio tutto discontinuità e fratture”.
Forte Sangallo
Dal Ponte, passeggiando per 500 metri, in pochi minuti arriviamo a Forte Sangallo, l’imponente rocca fortificata, che papa Alessandro VI dei Borgia comincia a edificare 1495, incaricando l’architetto Antonio Giamberti da Sangallo, detto il Vecchio, che abbiamo già visto all’opera nella città di Nepi. Dopo la morte del papa, la rocca viene ultimata all’inizio del 1500, diventando un modello emblematico dei primi anni del Rinascimento: coniuga infatti l’essere dimora papale fino al 1800, con l’avere un efficiente sistema difensivo, in risposta alle nuove armi da fuoco.
Forte Sangallo in definitiva ha saputo, per secoli, rendere inattaccabile la cittadina, aumentando l’autorità dello Stato pontificio e donando grande fama all’architetto che l’ha progettata e costruita.
Dal dicembre 2014 il Ministero per i beni e le attività culturali gestisce il forte e il museo nazionale al suo interno tramite il Polo museale del Lazio, divenuto poi Direzione regionale Musei.
Museo archeologico dell’Agro Falisco
Il Museo Archeologico dell’Agro Falisco è la massima raccolta delle testimonianze relative alla civiltà falisca, maggiore anche della sezione falisca del Museo di Villa Giulia di Roma.
Sono nove le sale espositive all’interno del Museo, tutte situate al piano nobile del palazzo, che ospitava gli appartamenti papali, e sono organizzate secondo il criterio cronologico e per luogo di provenienza dei reperti.
Reperti interessantissimi della civiltà falisca, ritrovati sia a Civita Castellana, l’antica Falerii Veteres, sia nelle numerose necropoli che la circondano, ma non solo. Il percorso va dalle produzioni ceramiche più arcaiche, fino ad arrivare alle opere di grande valore artistico realizzate nel IV e III secolo a.C.
Prosegue poi con i reperti rivenuti nei santuari del territorio, che si rifanno alle influenze dei diversi culti, come quelli di Apollo, Minerva, Giunone, Mercurio ed altre divinità, fino al pregevole vasellame in bronzo dei secoli VIII e VII a.C, proveniente da altri importanti siti, come Corchiano e Narce, oltre ad alcune tra le più antiche ceramiche greche d’importazione.
INFO
Per saperne di più sul Museo e conoscere giorni e orari di visita, clicca qui
Jean-Baptista Camille Corot a Civita Castellana
La nostra gita nell’Agro Falisco finisce qui, ma ancora c’è da vedere in questa regione! Suggelliamo il percorso suggerito con l’opera di chi questi luoghi ha visto, conosciuto ed amato.
Solo una targa, posta in Via Garibaldi 33, ricorda i soggiorni di Camille Corot a Civita Castellana, mentre compie il suo primo grand tour in Italia negli venti anni dell’Ottocento.
Il suo viaggiare è instancabile e produttivo: più di trecento tra schizzi, disegni, dipinti. Rimane estasiato dal patrimonio artistico di città come Roma, Narni, Tivoli, ma è la luce dei territori visitati ad affascinarlo, soprattutto quella dell’Agro Romano e dell’Agro Falisco.
Il suo sguardo osserva ed apprende, restituendo nei suoi dipinti il nitore e la precisione che la luce dà naturalmente alla distribuzione dei volumi. Ne è un esempio perfetto il quadro “Le rocce rosse di Civita Castellana”.
Torna per altre due volte nel nostro Paese, nel 1834 e nel 1843, per conoscere altri luoghi e città.
Jean-Batiste Camille Corot (Parigi 1796–1875) è considerato uno degli esponenti più sensibili e capaci del paesaggismo pittorico: i suoi dipinti aderivano alla visione della realtà propria del Settecento, pur esprimendo la poetica del Romanticismo.
Gita in Agro Falisco
L’itinerario giornaliero è di circa 60 Km
1 partenza da Magliano Sabina per Nepi (Viterbo) VT
Km 27 – 30 minuti
Segui SP 54, poi svolta a sin su SS3 Flaminia e poi prendi a destra su SS 2 Cassia direzione Nepi dove visiti la Rocca dei Borgia – Via Enrico Galvaligi
2 da Nepi a Castel S. Elia VT
Km 2,7 – 4 minuti
Segui SP 77
3 da Castel S. Elia
a Ponte Romano Necropoli Etrusca dei Tre Ponti sulla via Amerina VT
Km 8,2 – 11 minuti
Tramite SP 77 e SS 311
4 da Ponte Romano e Necropoli Etrusca sulla via Amerina
a Civita Castellana – Forte Sangallo VT
Km 6,2 – 9 minuti
Segui SS 311/ Via Nepesina
Prendi uscita Civita centro, prosegui su Via Roma, direzione Via Mazzocchi, devo trovi Forte Sangallo
5. Da Civita Castellana VT a Magliano Sabina RI
km 14,4 – 18 minuti
Prendi SS3 Flaminia, poi prendi SP 54 per Magliano Sabina e rientra all’ecOstello!